Vorrei ringraziare Silvia per aver scritto questo bell'articolo sul raduno. A presto!
Descrivere il raduno da un punto di vista diverso. Molto diverso. Non sono una motociclista, non faccio parte del moto club, non conoscevo praticamente nessuno e quei pochi li avevo visti una volta sola. Ho partecipato in qualità de “la ragazza di”, ma devo ammettere che nessuno mi ha fatta sentire tale. Persone alla mano, decisamente. Ci si sente a casa. Di solito i racconti cominciano con l’inizio delle storie. Difficile definire un inizio, in questo caso, quando il raduno dura più giorni e ognuno arriva quando può, a seconda del lavoro e degli impegni, dal giovedì al sabato mattina, per poi rientrare alla domenica. La nostra partenza alla volta del lago Trasimeno, un piccolo gruppo composto da 5 moto e 6 persone, è stata venerdì, subito dopo l’ora di pranzo. Una B.S.A., due Norton e due Triumph, rigorosamente in ordine alfabetico per non fare torto a nessuno. Il viaggio è durato due ore in più del previsto, sono moto che hanno i loro anni e qualche inconveniente capita. Ne so di meccanica quanto di astrofisica nucleare, ma almeno so che non sarei mai in grado di spiegare quello che accadeva. Forse, poi, sono anche cose che spiegate da chi non ha competenza, diventano noiose e più complesse di quello che in realtà sono. Difficile rendere vivi quei momenti, agli occhi altrui. Provo con un esempio. Cosa accade se Gianluca perde il tappo dell’olio della sua B.S.A.? Beh, intanto che Igor, dietro di lui, riesce a lavarcisi i jeans e riempircisi gli occhiali. Ma non è tutto qui. Ci si ferma, si cerca tutti di rimediare, arrivando a frugare in un bidone per cercare un pezzo di plastica adatto a sostituirlo. Ci si mette all’opera e il tappo si costruisce, chiudendolo con una fascetta a strappo. Per me queste cose accadevano solo nei vecchi libri di racconti “on the road”, dove le moto si riparavano in mezzo alla strada, usando un pezzo di fil di ferro. Nessun cenno di nervosismo. Tutti cercano di contribuire, anche solo con qualche battuta, facendosi una risata e cercando di aiutarsi a vicenda. Chissà se al ritorno il tappo è stato ritrovato…
Al nostro arrivo, ci aspetta la cena a Monte del Lago. Ridente paesino e ridente ristorante, nella ridente via della Strage. Visto l’appetito di alcuni, il nome della via è decisamente calzante. Il mattino dopo all’alba, cioè a mezzogiorno, il secondo appuntamento. Una fila di bellissime moto inglesi per le strade che contornano il lago. Un piacere anche per gli occhi. Poi il pranzo, in ottima compagnia. Come sempre nei raduni, sono state distribuite le targhe di rito. Un bel momento anche per chi, come me, vede tutto con gli occhi dell’ultima arrivata. Se si osservano bene, le cose si capiscono. Si capisce la voglia di divertirsi e di condividere una passione, si capisce la commozione negli occhi quando si parla di chi non c’è più. La maggior parte di noi si è sistemata nel camping, il più scosceso del mondo, meno male che ci si è potuto scorazzare liberamente in moto a tutte le ore: dubito che, dopo qualche bicchiere di vino e la stanchezza accumulata, alla sera sarei riuscita a scalarlo con facilità . Qualcuno ha avuto il coraggio di dormire in tenda, altri hanno preferito i comodi bungalow dove si sono intrattenuti in ricche partite a carte con dei ragni OGM campioni di tre-sette. Peppe invece ha preferito il furgone nei pressi del quale si è allestito una piccola officina all'aria aperta, ricreando il suo habitat naturale. Non è mancato niente, in questo raduno. Dai momenti di relax su un prato, ai paesaggi bellissimi visti stando in sella. Dal cibo alle parole, dalla musica a, purtroppo, il mignolo rotto di Lucio, ingessato sul campo di battaglia, spingendo eroicamente una Sunbeam. Ho visto moto perdere il cavalletto (quella del Presidente), la fumata (habemus B.S.A.) di un freno incollato. A un raduno di moto inglesi d’epoca succedono tante di quelle cose che chi non c’è abituato, come me, resta basito. Quello che stupisce è come questi centauri siano abituati a tutto, tanto da non farsi mai sconvolgere da niente. Semplicemente, davanti a un problema, cercano la soluzione. Questi giorni sono stati un mix di manutenzione e condivisione. Non solo dal punto di vista motociclistico, com’è quasi scontato che sia. Quello è il collante, ma tiene insieme un sacco di altre cose. Si beve un bicchiere di vino e si balla, si parla di moto, ci si prende bonariamente in giro. Per altro, mi complimento col duo blues che ha suonato per noi sabato sera. Spero che le nostre danze non siano state filmate da nessuno, credo che alcuni di noi si possano considerare ricattabili, da quel momento. Raramente mi sono divertita e ho ballato così tanto in vita mia.
Insomma, l’outsider vi ringrazia tutti, dal primo all’ultimo, di tutto cuore.
Descrivere il raduno da un punto di vista diverso. Molto diverso. Non sono una motociclista, non faccio parte del moto club, non conoscevo praticamente nessuno e quei pochi li avevo visti una volta sola. Ho partecipato in qualità de “la ragazza di”, ma devo ammettere che nessuno mi ha fatta sentire tale. Persone alla mano, decisamente. Ci si sente a casa. Di solito i racconti cominciano con l’inizio delle storie. Difficile definire un inizio, in questo caso, quando il raduno dura più giorni e ognuno arriva quando può, a seconda del lavoro e degli impegni, dal giovedì al sabato mattina, per poi rientrare alla domenica. La nostra partenza alla volta del lago Trasimeno, un piccolo gruppo composto da 5 moto e 6 persone, è stata venerdì, subito dopo l’ora di pranzo. Una B.S.A., due Norton e due Triumph, rigorosamente in ordine alfabetico per non fare torto a nessuno. Il viaggio è durato due ore in più del previsto, sono moto che hanno i loro anni e qualche inconveniente capita. Ne so di meccanica quanto di astrofisica nucleare, ma almeno so che non sarei mai in grado di spiegare quello che accadeva. Forse, poi, sono anche cose che spiegate da chi non ha competenza, diventano noiose e più complesse di quello che in realtà sono. Difficile rendere vivi quei momenti, agli occhi altrui. Provo con un esempio. Cosa accade se Gianluca perde il tappo dell’olio della sua B.S.A.? Beh, intanto che Igor, dietro di lui, riesce a lavarcisi i jeans e riempircisi gli occhiali. Ma non è tutto qui. Ci si ferma, si cerca tutti di rimediare, arrivando a frugare in un bidone per cercare un pezzo di plastica adatto a sostituirlo. Ci si mette all’opera e il tappo si costruisce, chiudendolo con una fascetta a strappo. Per me queste cose accadevano solo nei vecchi libri di racconti “on the road”, dove le moto si riparavano in mezzo alla strada, usando un pezzo di fil di ferro. Nessun cenno di nervosismo. Tutti cercano di contribuire, anche solo con qualche battuta, facendosi una risata e cercando di aiutarsi a vicenda. Chissà se al ritorno il tappo è stato ritrovato…
Al nostro arrivo, ci aspetta la cena a Monte del Lago. Ridente paesino e ridente ristorante, nella ridente via della Strage. Visto l’appetito di alcuni, il nome della via è decisamente calzante. Il mattino dopo all’alba, cioè a mezzogiorno, il secondo appuntamento. Una fila di bellissime moto inglesi per le strade che contornano il lago. Un piacere anche per gli occhi. Poi il pranzo, in ottima compagnia. Come sempre nei raduni, sono state distribuite le targhe di rito. Un bel momento anche per chi, come me, vede tutto con gli occhi dell’ultima arrivata. Se si osservano bene, le cose si capiscono. Si capisce la voglia di divertirsi e di condividere una passione, si capisce la commozione negli occhi quando si parla di chi non c’è più. La maggior parte di noi si è sistemata nel camping, il più scosceso del mondo, meno male che ci si è potuto scorazzare liberamente in moto a tutte le ore: dubito che, dopo qualche bicchiere di vino e la stanchezza accumulata, alla sera sarei riuscita a scalarlo con facilità . Qualcuno ha avuto il coraggio di dormire in tenda, altri hanno preferito i comodi bungalow dove si sono intrattenuti in ricche partite a carte con dei ragni OGM campioni di tre-sette. Peppe invece ha preferito il furgone nei pressi del quale si è allestito una piccola officina all'aria aperta, ricreando il suo habitat naturale. Non è mancato niente, in questo raduno. Dai momenti di relax su un prato, ai paesaggi bellissimi visti stando in sella. Dal cibo alle parole, dalla musica a, purtroppo, il mignolo rotto di Lucio, ingessato sul campo di battaglia, spingendo eroicamente una Sunbeam. Ho visto moto perdere il cavalletto (quella del Presidente), la fumata (habemus B.S.A.) di un freno incollato. A un raduno di moto inglesi d’epoca succedono tante di quelle cose che chi non c’è abituato, come me, resta basito. Quello che stupisce è come questi centauri siano abituati a tutto, tanto da non farsi mai sconvolgere da niente. Semplicemente, davanti a un problema, cercano la soluzione. Questi giorni sono stati un mix di manutenzione e condivisione. Non solo dal punto di vista motociclistico, com’è quasi scontato che sia. Quello è il collante, ma tiene insieme un sacco di altre cose. Si beve un bicchiere di vino e si balla, si parla di moto, ci si prende bonariamente in giro. Per altro, mi complimento col duo blues che ha suonato per noi sabato sera. Spero che le nostre danze non siano state filmate da nessuno, credo che alcuni di noi si possano considerare ricattabili, da quel momento. Raramente mi sono divertita e ho ballato così tanto in vita mia.
Insomma, l’outsider vi ringrazia tutti, dal primo all’ultimo, di tutto cuore.
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